Tano Simonato

di Simone Pazzano

Ultima Modifica: 23/01/2019

Chef stellato con un amore profondo per l’olio extravergine d’oliva, Tano Simonato è sempre proiettato verso il futuro come dimostra la sua filosofia culinaria: ammodernare, alleggerire e bilanciare. Da oltre vent’anni il suo ristorante Tano passami l’olio è un punto di riferimento a Milano.

Cosa vuol dire essere cuoco per te?

Per me significa essere un serio professionista che cerca di fare al meglio il proprio lavoro per dare qualcosa di non scontato a chi mi viene a trovare. Il cliente quando decide di uscire a cena e quindi spendere dei soldi, non viene solo per nutrirsi: cerca anche accoglienza, professionalità, simpatia e ovviamente del buon cibo. E essere cuoco secondo me vuol dire anche rendere speciale quella serata. La totalità dei fattori deve essere fantastica: è questa la mia missione. Il tutto accompagnato da tanta passione, se no non farei ciò da così tanti anni.

Qual è il tuo ingrediente del cuore?

Ovviamente l’olio. Come spiego nel mio libro, l’incontro con l’olio extravergine è stata davvero una folgorazione. E come tale ricordo perfettamente data e luogo: era il 7 dicembre 1991 e mi trovavo in Liguria. Dalla raccolta delle olive al prodotto finale, mi ha colpito tutto di questo mondo che è allo stesso tempo antico e moderno. E infatti ora nel mio ristorante ne ho circa quaranta tipologie diverse.

E quello segreto?

Lo zucchero. È un elemento molto importante per la mia cucina. Nell’arco del tempo mi ha insegnato a correggere tutte le imperfezioni dei cibi. Nelle mie ricette c’è sempre la giusta quantità di zucchero per valorizzare i sapori che uso e togliere l’acidità in esubero. Molti ritengono che sia un discorso valido solo per il sugo, ma per me vale per tutto. Anche per gli asparagi, ad esempio.

Il tuo viaggio dei sapori in Italia…

Devo dire che tutte le regioni d’Italia hanno il loro grande aspetto preponderante, una forte e solida tradizione culinaria. Davvero tutte e quindi faccio fatica a indicarne una piuttosto che un’altra. La cucina italiana è una delle più aperte ed elaborate del mondo. È importante quindi cercare di ottenere il meglio da ognuna di esse.

Cos’è per te la cucina?

Ricordi che mi rimandano all’adolescenza. Ricordo mia madre che cercava di insegnarmi piatti come riso e latte e riso e bisi. In particolare riso e latte lo preparava spesso e a me piaceva molto. A 16-17 anni ho cominciato a sviluppare una mia creatività e la cucina è diventata la sede dei miei esperimenti.

Qual è lo stile del tuo ristorante?

Sicuramente di charme e caldo. Non mi piace la freddezza della modernità. Nel mio ambiente desidero che ci sia calore ed è una sensazione fondamentale che parte già dalla vista. Sono convinto che la modernità influenzi le persone a essere fredde.

Che valore ha per te la tua terra?

A livello personale conta tantissimo, a livello culinario non in maniera particolare. La verità è che non mi interessa dare da mangiare ai miei clienti restando fossilizzato sulla tradizione. Certo le tradizioni secolari sono importanti, ma secondo me hanno bisogno di essere modernizzate. Ecco, in questo caso la modernità mi piace molto e non sono legato al territorio in modo così forte da farne una presunzione culinaria. Il cibo è cibo e va usato tutto!

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L'Autore

Curioso prima di tutto, poi giornalista e blogger. E questa curiosità della vita non poteva che portarmi ad amare i viaggi e il cibo in ogni sua forma. Fotocamera e taccuino alla mano, amo imbattermi in storie nuove da raccontare.